Noi siamo figli delle stelle
Classico, immutabile paesaggio romano col raccordo anulare davanti e il tramonto infuocato dietro. Una delle poche cose belle rimaste. Non necessita né soldi né lunghe code né parcheggio da trovare né lotte sugli autobus né…per un attimo scompare anche quella sensazione di non-appertenenza a nessun luogo, il marchio di fabbrica. Il problema, se problema si può definire, è avere la malinconia nel sangue anche quando di motivi non ce ne sono. Soprattutto quando di motivi non ce ne sono. E’ questo essere un po’ lupi solitari nella steppa che vanno in giro, tra cactus e balle di fieno rotolanti, fischiettando “noi siamo figli delle stelle”. Se passa il bianconiglio, meglio scansarsi. Se passa Road Runner, sbadigliategli in faccia. Se incrociate il Piccolo Principe alla ricerca della volpe, ditegli sempre dritto dopo il semaforo a sinistra. Sotto il cielo stellato e con la morale scambiata al mercatino dell’usato con una chitarra scordata, viene da pensare che è meglio così. Poteva andare peggio, potevamo nascere col virus dell’emmabovarismo. Meglio, molto meglio, Alan Sorrenti.