L’ennesima band pop romana che ha fatto il giro e scopri che sempre quelli sono*
Lo spunto di riflessione mi viene dato da questa pregiata recensione dal titolo “Ecco a voi la band italiana dell’anno”. Ma chi sono, chi non sono? Corriamo a sentirli! Sono I Cani, nomen omen, fattisi notare l’anno scorso con I pariolini di 18 anni. Ci riprovano adesso con Le velleità, una roba, secondo l’about me del loro Facebook, elettro-pop dove per elettro si intende rumore di sottofondo ottenuta con testierina Casio su cui è stata versata Coca Cola in lattina (forse Pepsi) e per pop…beh, per pop, visto che stiamo parlando di una band “emergente” che in teoria conosciamo io, mammeta e tu, non saprei. Avete presente quando in certe discussioni viene rivalutata Britney Spears, il momento in cui qualcuno dice “però Britney ne sapeva” e tutti che lo guardano con gli occhi sgranati di chi è appena stato illuminato su qualcosa di visibile a tutti, eppure. Ecco, il problema di tante “band italiane dell’anno” è che si son messe ad inseguire (a piedi) gruppi che neanche sto a nominare, che fanno provincia di Londra e provincia di New York. Voglio dire, i gruppi italiani di oggi con aspirazione al pop-rock non hanno idea da dove venga il vero e pregevolissimo pop&rock all’italiana. Al massimo, giocano ancora a fare i fans degli Oasis e dei Blur, attualizzati in fans dei Baustelle, primo gruppo italiano a sdoganare il concetto di indie inteso come andare al Circolo degli Artisti con gli occhiali da nerd, i jeans skinny, il borsalino di paglia e i baffi a manubrio. Dietro a I Cani si cela (da una strepitosa idea dell’ufficio marketing?) quello dei Velvet (“Soffro lo stress, io soffro lo stress”) e subito mi appare cristallina tutta la faccenda. Altro che Baustelle 2.0, altro che “riferimenti di cultura pop che siamo lieti nessuno capisca, a mode che proclamiamo solennemente di non seguire”, son tristi questi 4 pezzi (che se proprio ci tenete potete sentire qui), è triste quel basso a mille che mette l’ansia, è triste il verso “e non sei davvero ricco”. La tristezza e la mestizia di una scena musicale che è sempre la stessa da vent’anni con i soliti cani che si annusano il culo a vicenda. Scusate per la chiusa ma me l’hanno servita.
*Titolo originale: “I Cani? Manco li cani!”