Blur @ Roma Capannelle – 29 luglio 2013
Eravamo a metà degli anni Novanta e i Blur erano già avantissimo da almeno cinque anni prima. I Blur rappresentavano la nicchia di quelli che volevano essere la nicchia. Nella sfida Coca Cola vs Pepsi, loro non erano la Pepsi. Erano il Chinotto Neri.
Quasi vent’anni dopo, con i maggiori esponenti della scena madferit romana maritati, ci siamo ritrovati una sera di fine luglio a Capannelle immaginando, ora come allora, di essere – chessò – ad Hide Park. Già ai varchi d’ingresso, era chiaro che il discorso che stavano facendo tutti era lo stesso. «Sembra ieri. Poi una mattina mi sono svegliato, mi sono guardato allo specchio ed ero improvvisamente invecchiato». Certo, non così tanto invecchiato. Giusto, un po’ invecchiato. Però è stato un colpo per noi, che ci eravamo lasciati convincere dagli Oasis che tonight I’m a rock’n’roll star, live forever, don’t look back in anger and after all you’re my wonderwall. I Blur, invece, ci avevano messo in guardia, sono sempre stati sinceri – troppo sinceri – loro.
This is the next century
No one here is alone, satellites in every home
La magia della musica è che bastano un Mi-Re-Mi-Re-Mi-Re ed è un attimo che ti sei scordato della più pesante delle giornate lavorative. Sulle prime note di Girls and Boys, siamo subito tutti ritornati ragazze e ragazzi degli anni Novanta, a ballare e cantare a voce alta.
We wear the same clothes ‘cause we feel the same
La scaletta è stata un susseguirsi velocissimo di greatest hits, tanto che non facevi in tempo a riprenderti dall’emozione di aver ascoltato Beetlebum e Out of Time e Coffee & TV e Tender e Parklife.
La mia preferita, per motivi che non vi sto a dire, è End of a Century. Ed io ero nel bagno chimico a far pipì (per via della birra). E’ stato uno di quei momenti in cui ti dici «Tutto questo ha un senso anche se non so bene quale».
End of the century
it’s nothing special
Il concerto è finito col capolavoro musicale dei Blur, The Universal, e col capolavoro mainstream che ha venduto di più, Song 2. Sulla prima, ci siamo stupiti ancora una volta di quanto siano bravi a suonare, di quanto siano bravi a tenere il palco, di quanto ci capivano e ci capiscono di musica. «Non come queste piccole band di oggi tristi come la birra senz’alcol». Sulla seconda, abbiamo ballato come pazze, con i capelli al vento e i ragazzi che ci guardavano e sorridevano.
I Blur, la vera band hipster prima degli hipster e indie prima degli indie e comunque più avanti di queste due sottoculture fasulle messe insieme. Ma i Blur lo sapevano, sapevano tutto, erano già avantissimo quasi vent’anni fa, ce lo dicevano che sarebbe stato così. We riot alone.
So give me Coffee and TV
Sociability is hard enough for me