Provoco, dunque, sono. Sed etiam non.
Il fatto che la sua “opera d’arte” sia stata accidentalmente definita fascista, schifosa, ridicola e disgustosa non ha minimamente scalfito l’autostima dell’intrepido trentaduenne precario lucano sull’effettivo valore della sua a-ehm opera, tant’è vero che intervistato da Luca Telese per il Fatto Quotidiano, ha ribadito che “per lui si è trattato di un’opera d’arte”. Secondo me, costui già si vede esposto nel Guggenheim, salone delle “croste incomprese dal popolo bue”. Che non sia piaciuta, proprio non se lo riesce a spiegare eppure era così chiaro! Installare un’insegna tale e quale a quella di Auschwitz. Il 25 aprile. A Pigneto. Ma l’ha fatto per i precari, per chi muore sul lavoro, per i migranti (porelli!), per la gente che vive nelle periferie! E poi – si giustifica piagnucolando – mica è tale e quale a quella montata dai nazisti: la sua non è in ferro battuto ma realizzata con tubi industriali, la scritta è in inglese e il font utilizzato è diverso da quello del campo di concentramento. Per il prossimo capolavoro suggerirei un comic sans, che fa così pop-neorealista, senza neanche scomodare Adorno per giustificare il proprio bisogno di essere cagati da qualcuno uscendosene con una roba da cui si dissociano perfino quelli di FN. D’altronde “l’arte non si preoccupa solo di rappresentare le cose belle ma anche l’urgenza storica” – dice lui; d’altronde “l’arte non ti toccherebbe neanche con la canna da pesca usata da tuo zio il giorno di Pasquetta per la pesca della triglia a pinne gialle” – dico io.
Menzione speciale anche ai novelli Vittorio Sgarbi che, finché non è arrivato lo spiegone dell’artista sulla sua opera d’arte incompresa e si pensava fosse una roba “dei fascisti” tutti ad esclamare indignati, poi quando si è scoperto che era un povero precario tutti a tirar sospiri di sollievo “ah, no è solo provocazione artistica” (vedere commenti qui). Ancora l’autore è anonimo ma ci ha promesso che si presenterà spontaneamente dai carabinieri. Secondo me ha solo una voglia matta di raccontare la sua storia da Barbara D’Urso, sempre per aiutare i precari ovviamente.