Un coccodrillo
Mi ricordo quando t’ho incontrato. Era dicembre, era notte e faceva meno tre. Stavi lì e tremavi. Stavi lì con gli occhi sbarrati e la paura. Stavi lì, a lato della carreggiata che zoppicavi, due passi avanti e uno indietro. Io ero in macchina e mi sono fermata. La luce arancione delle quattro frecce che tagliavano la notte scura. Mi sono avvicinata piano, per non spaventarti. Ti ho preso la zampina – oh, gatto – e tu m’hai miagolato del freddo e della paura; m’hai detto “miao” ed io ho capito che ormai eravamo uniti nella notte e dalla notte. Certi legami sembrano eterni, eppure il tempo passa anche per uno con nove vite. Di te, posso dire che hai sempre adempiuto con dovere e fedeltà al compito che ti era stato affidato: proteggere la casa, anche in mia assenza, da gravi minacce (topi, lucertole e serpentelli, nella fattispecie). In cambio ti avrei dato coccole e croccantini, ma soprattutto croccantini. E anche se sei stato il più scorbutico di tutti, non dimenticherò mai quei tre secondi di intense coccole che sapevi dispensare (prima di graffiarmi la mano). Ciao gatto (e salutami Pallino e Grigetto).