Radiohead live@Capannelle de Roma
Non andavo ad uno di questi concertoni di band che-hanno-fatto-la-storia-della-musica almeno dal 2010, per via di una sorta di ipersaturazione da concertone. Nel frattempo, però, ho visto un discreto numero di concertini di band fracicone e scassatissime, in posti assurdi e con un pubblico improbabile ma variegato. In questo modo sono riuscita a divertirmi, sfuggendo all’eterno ritorno del tipo indie col cappello che discetta dell’ultimo singolo de I Cani, e poi non distingue una canzone dei Rolling Stones da una degli Arctic Monkeys, o della sgallettata con outfit leggings, maglietta degli Strokes e Reflex per farsi le foto al cesso con l’amica.
Insomma, ieri sera sono stata al concerto dei Radiohead con dei biglietti che mi sono piombati in mano circa una settimana prima e in ottima compagnia. Premetto che io, i Radiohead, non li ho mai capiti. No, davvero. Mai capiti. I masterpieces, almeno una volta, me li sono ascoltati. Ad applicarmi mi sono applicata – signora maestra – ma davvero non è colpa mia se non mi sono arrivati. Comunque, a tal proposito ho una teoria: i Radiohead fanno una musica molto umorale e ci vuole un mood particolare per instaurarci un feeling. Per farla breve, sono depressi. Talvolta arrabbiati, addirittura sereni ma pur sempre depressi, di quella depressione adolescenziale che un po’ ci si razzola crogiolanti. Per questo, non li ho mai capiti: grazie a Dio, non sono mai stata adolescenzialmente depressa e, anzi, i depressi mi viene da prenderli a calci in culo al grido di «esci da quella cazzo di cameretta e vai a prendere un po’ di sole!». Tra le band cosiddette depresse che apprezzo ci sono giusto i Nirvana, ma perché li percepisco più arrabbiati che depressi.
Dicevo: il concerto. Sono stata rassicurata dal fatto che tutto era come è sempre stato: il tipo indie col cappello, le sgallettate con la Reflex, i tappi delle bottigliette d’acqua da infilare nel calzino, i bagarini made in Scampia che, a onor del vero, si sono fatti meno discreti di come ricordavo. La birra al bicchiere e la fila ai bagni, i fans giovani in prima fila e i fans vecchi nell’ultima. Forse ho capito il concept della scenografia: c’erano questi schermi semoventi su sfondo illuminato fisso che proiettavano le immagini della band e cambiavano di posto ad ogni canzone ma non si ricomponevano mai. Io dico che si parlava della frammentazione dell’essere umano e della difficoltà a ritrovare un’identità sola e coerente. Gli unici pannelli fissi e ordinati erano quelli più in alto che mandavano le immagini della band sul palco e si concentravano sugli strumenti: chiaramente il messaggio era che l’unica coerenza che si può ottenere viene dalla musica.
No, non sono gli effetti del fumo anche se c’era una situazione atmosferica da Little Amsterdam.
Comunque, ‘sti Radiohead so’ forti, anche se le due batterie ogni tanto (ma poco, eh) si impicciavano. E poi, tutti questi sintetizzatori che scompongono ogni suono. Le sonorità….acquatiche. Le scale armoniche che cambiano tono a metà, le dissonanze. Bravi, però, ‘sti Radiohead. Complicati. Son tre le canzoni dei Radiohead che effettivamente ricordo perché le tengo nella compilation in macchina: Karma Police, Creep, Paranoid Android. Ieri sera, hanno fatto giusto Paranoid Android. Fatto sta che io continuo a non capirli, però bravi.
Un’ultima cosa: chi me la spiega la dedica di Thom Yorke a Berlusconi?
Category: Music is my hot hot sex | Tags: Arctic Mokeys, bagarini, concerto, i cani merda, live@Capannelle, outfit, Radiohead, rolling stones, roma, settembre 2012, thom yorke 4 comments »
Settembre 23rd, 2012 at 12:49
Tesora, eccola la spiegazione alla dedica per il Berlusca: http://www.cadoinpiedi.it/2012/09/23/roma_radiohead_dedicano_un_pezzo_a_berlusconi_perderai.html
Settembre 23rd, 2012 at 14:50
:*
Settembre 23rd, 2012 at 18:45
concordo sul tuo giudizio, secondo me sentiremo parlare di loro 🙂
Settembre 24th, 2012 at 9:41
Vero? Ma scommettiamo, dai. 50 euri per me se tengo ragione.