Qual è il capoluogo della Basilicata?
Ho passato l’esame da giornalista in meno di tredici minuti e questo probabilmente è dipeso dal fatto che quello prima di me, alla domanda “qual è il capoluogo della Basilicata”, abbia risposto Napoli.
Ho visto molti miei coetanei scegliere questo mestiere per ragioni decisamente nobili come, ad esempio, sconfiggere la criminalità organizzata italiana, difendere i diritti dei bambini poveri, eventualmente fornire alle masse un resoconto dettagliato della Notte degli Oscar, magari scrivere una recensione (obiettiva) sull’ultimo album del cantante preferito, foss’anche Luciano Ligabue. I maliziosi hanno sospettato che le ragioni sottaciute di molti studenti di Scienze della comunicazione si annidassero in una firma su carta stampata da far appendere ai genitori in salotto o nel trovarsi a condurre un Tg in prima serata con la stessa motivazione per cui si fanno i provini al Grande Fratello. Nessuno di questi, tranne qualcuno definito “cinico” da una me giovanissima, ha mai ammesso che si tratta di un mestiere che dà un tono con poca fatica. Quasi tutti abbiamo continuato a cercare la verità nelle parole piuttosto che nei fatti.
Credo che la voglia di far la giornalista mi sia venuta in primo liceo quando mi son detta che era arrivato il momento di dare una risposta che non fosse “il Presidente della Repubblica” a chi mi chiedeva cosa volessi fare da grande. Scartata l’ipotesi di fare il medico e la pianista, non rimaneva che adeguare i progetti lavorativi ad una naturale curiosità onnivora, di quelle che ti portano a non farti i fatti tuoi anche quando sai benissimo che dovresti. In quel momento, ho anche capito l’importanza dell’uso corretto del congiuntivo, notarne l’eleganza e ammettere a se stessa quanto sia difficile usarlo, soprattutto se vieni dall’entroterra ciociaro a ridosso delle montagne abruzzesi.
A metà esame, il presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio e del Molise, Bruno Tucci, mi ha raccontato il notissimo aneddoto del direttore del Corsera che, assumendolo, gli intimò di scrivere usando al massimo soggetto, verbo e predicato, “e se per caso sente l’esigenza di usare un aggettivo, mi chiami”. Volevo dirgli che in questo modo è venuta su una generazione di giornalisti con una discutibile coscienza critica ma l’esito dell’esame non credo ne avrebbe giovato. Al primo posto i fatti, al secondo le parole.
Category: Donne in corriera, In my life | Tags: bruno tucci, i fatti tuoi, luciano ligabue, ordine dei giornalisti templari del lazio, pretenziosità 5 comments »
Marzo 31st, 2012 at 15:42
Bella Laurè 🙂
Marzo 31st, 2012 at 16:49
Sono così orgogliosa di te!!! *__*
Marzo 31st, 2012 at 18:22
Ebbrava.
Marzo 31st, 2012 at 19:59
Bel colpo! Ma qual è poi il capoluogo della Basilicata?
Marzo 31st, 2012 at 21:52
Grandissima!